Giovanni Mereu era lo zio della mia migliore amica.
Lo ricordo nel retrobottega dell'oreficeria artigianale di famiglia (caratteristica della zona di Brera, da più di 35 anni). Io e la nipote giocavamo nel cortile, entravamo a bere a volte, o soltanto per prendere un po' di fresco nei pomeriggi bollenti di Luglio, quando eravamo a casa da scuola e le nostre mamme ci mandavano a giocare "tanto in cortile le teniamo d'occhio".
Un sorriso sornione, lo sguardo sempre gioioso e meravigliato.
Era lo zio che preferivo, tra tutti i fratelli Mereu (tolto Angelo, il papà della mia amica).
Lo zio Nanni dipingeva una Sardegna tutta sua, 'onirica e struggente' diranno più tardi.
La cosa curiosa è che in ogni quadro, nel cielo, all'orizzonte, dove il bianco sembra solo bianco, una finestrella ci avvisa che lo spazio che stiamo osservando è chiuso.
Angelo Mereu, nel negozio di Via Solferino, ha allestito una mostra delle opere del fratello. Ogni volta che ne parla si rattrista perchè 'non sono riuscito a salvarlo dalla malattia' dice.
Trasferita dal 1989, non lo vedevo da anni, lo zio. Ma capisco perfettamente che tipo di vuoto possa avere lasciato. Lo sento io per prima.
L'immagine di Ricky che disegna sul tappeto della gioielleria mi riporta a uno dei tanti pomeriggi passati in negozio, da piccola. Tenerezza e nostalgia!
Mi piace pensare che lo zio Nanni sia ancora li, che ci osservi attraverso la finestrina onnipresente nei suoi quadri, la sua nipotina ed io: cresciute, con un cucciolo che ignaro di tutto sta li a disegnare sotto le suo opere appese.
Ti penso spesso, e ti ho voluto bene zio Nanni, tanto. E mi manchi, manchi a tutti! Buona fortuna, dietro a qualsiasi finestra tu sia.
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