Oggi è venerdì, venerdì si mangia pesce.
Ispirata dalla tradizione ho dato un tocco personale a una ricetta delle polpette di patate e tonno che ho letto qualche giorno fa in rete.
Si fa bollire, raffreddare e poi passare nello schiacciapatate una grossa patata rossa.
Si aggiunge un uovo intero all'impasto.
Si sminuzzano con la forchetta 4 scatole piccole di tonno (o tre medie, o due grandi) all'olio di oliva.
Si aggiunge una grattata abbondante di pecorino (o altro formaggio da grattugia a piacere) e un po' di noce moscata. Sale quanto basta.
L'impasto finale risulta piuttosto denso, deve stare ben sodo sul cucchiaio.
Poi si prepara l'impanatura: un cucchiaio di pan grattato, uno di farina di ceci, pepe nero appena macinato.
Si fanno delle polpette (dimensioni a piacere) e si friggono in abbondante olio ben caldo.
Si adagiano per farle raffreddare sulla carta assorbente e si servono con insalata verde.
Piacciono ai bambini, ma posso assicurare che anche gli adulti apprezzeranno.
Si possono anche fare delle varianti tipo: la carne in scatola invece che il tonno, l'aggiunta di olive, o capperi, o acciughe all'impasto. Nell'impanatura si possono aggiungere mandorle o nocciole a granella, o ancora rosmarino finemente tritato.
perchè ogni giorno che passa ed ogni cosa che accade mi convince sempre più: l'amore è l'unica via!
venerdì 31 maggio 2013
Quindi, chi è?
Eddie Vedder è nato il 23 dicembre. Come Ricky.
Questa coincidenza mi piace molto, non significa niente, ma mi piace.
Mi piace anche Eddie, per dirla tutta. Mi piacciono le facce come la sua, alla Russel Crowe, che poi sembra il gemello grande di Silvio Muccino.
Eddie ha quell'aspetto da canaglia per bene, non il solito rocker 'bello e maledetto' che è fin troppo stereotipato. Poi non regge più, non siamo più negli anni '70 e di maledetto non è rimasto vivo (quasi) nessuno.
C'è una splendida canzone del 2006 che si intitola Come back, che strappa le lacrime, spezza il cuore e rovescia le budella.
Pare che ogni volta che Eddie la canti dal vivo, pianga.
A questo punto, visto che il testo è evidentemente un dialogo con qualcuno che non c'è più, ho deciso di capire chi non c'è più.
La rete è fantastica, le versioni sono:
Come back mette in musica le parole di un ragazzo al padre che ha perduto, parlandogli sulla sua lapide.
Come back è dedicata a Jhonny Ramone.
Come back è dedicata a una ragazza morta in circostanze tragiche (della serie: più vago di così, non si può).
Chi ne conosce altre (o meglio, chi conosce la verità) si faccia avanti. Anche Eddie.
Questa coincidenza mi piace molto, non significa niente, ma mi piace.
Mi piace anche Eddie, per dirla tutta. Mi piacciono le facce come la sua, alla Russel Crowe, che poi sembra il gemello grande di Silvio Muccino.
Eddie ha quell'aspetto da canaglia per bene, non il solito rocker 'bello e maledetto' che è fin troppo stereotipato. Poi non regge più, non siamo più negli anni '70 e di maledetto non è rimasto vivo (quasi) nessuno.
C'è una splendida canzone del 2006 che si intitola Come back, che strappa le lacrime, spezza il cuore e rovescia le budella.
Pare che ogni volta che Eddie la canti dal vivo, pianga.
A questo punto, visto che il testo è evidentemente un dialogo con qualcuno che non c'è più, ho deciso di capire chi non c'è più.
La rete è fantastica, le versioni sono:
Come back mette in musica le parole di un ragazzo al padre che ha perduto, parlandogli sulla sua lapide.
Come back è dedicata a Jhonny Ramone.
Come back è dedicata a una ragazza morta in circostanze tragiche (della serie: più vago di così, non si può).
Chi ne conosce altre (o meglio, chi conosce la verità) si faccia avanti. Anche Eddie.
Leggere o non leggere?
Capita che leggo la trama di un libro.
L'argomento dell'articolo in cui è inserita la breve recensione tratta del fenomeno dei romanzi erotici 'a tinte forti' scritti dalle donne, scoppiato l'anno scorso con le omnipresenti Cinquanta sfumature (di grigio, di rosso, di nero..).
Non ho letto il libro della James perchè stavo leggendo Shantaram di G.D.Roberts, e direi che -come poi mi hanno confermato- non avrebbe retto il confronto.
Quando ho finito il capolavoro di Roberts ormai avevo sentito abbastanza di tutte le sfumature. Abbastanza per stabilire che non le avrei lette.
Questo libro invece (più vecchio, del 2008) mi incuriosisce. Intanto l'autrice è una bella donna italiana (non che questo sia discriminante, ma di fatto cambia il punto di vista dell'autore..) ed è anche in carriera.
Che carriera? Fa la ginecologa. Niente-popò-di-meno-che.
Cerco qualche opinione in rete, dicono che è scritto bene, che l'autrice descrive il sesso (post separazione da un uomo che non la guardava nemmeno) come lo vivono gli uomini, semplicemente sesso, senza altri condizionamenti. Il famoso just-for-fun. Per poi trovare il vero amore e ricapitolare.
Decido che lo prendo in biblioteca.
Sono a pagina 91. Il libro ne ha 141. Non riesco a finirlo.
Sembra scritto da due persone diverse.
Una è una moglie sui trent'anni, arrabbiata con il mondo perchè ha creduto alle parole dell'uomo che la tradiva ma amava solo lei (ma non era un problema della generazione precedente?) che si butta in improbabili avventure raccattate sul tram e portate a casa.
Non c'è divertimento. C'è rabbia e mortificazione (almeno il marito le dava una parvenza di normalità: una casa, le vacanze..) e mutismo.
Gli uomini si divertono, da che mondo è mondo.
L'altra (dopo che ha incontrato questo, che fino a pagina 91 sembrerebbe l'amore, ma non ci giurerei) è a metà tra schizofrenia e Tao dell'amore.
Petali che sembrano genitali (o anche il contrario) giardini che sbocciano e avvolgono, rami, muri verticali, edera che si arrampica.. capitoli e capitoli di descrizioni tra il bucolico e non so che. Non una battuta, uno scambio, un caffè al bar.
Si passa dalla donna imbruttita dal destino (che si è scelta) a una profeta del sesso trasfigurato come nelle tele cinesi (si, quelle appese nei ristoranti cinesi, con il pesco, il ponte e il pavone ricamato sopra).
Se qualcuno lo ha letto e se la sente, mi incoraggi a finire le prossime cinquanta pagine.
Strana coincidenza, il cinquanta ritorna sempre..
L'argomento dell'articolo in cui è inserita la breve recensione tratta del fenomeno dei romanzi erotici 'a tinte forti' scritti dalle donne, scoppiato l'anno scorso con le omnipresenti Cinquanta sfumature (di grigio, di rosso, di nero..).
Non ho letto il libro della James perchè stavo leggendo Shantaram di G.D.Roberts, e direi che -come poi mi hanno confermato- non avrebbe retto il confronto.
Quando ho finito il capolavoro di Roberts ormai avevo sentito abbastanza di tutte le sfumature. Abbastanza per stabilire che non le avrei lette.
Questo libro invece (più vecchio, del 2008) mi incuriosisce. Intanto l'autrice è una bella donna italiana (non che questo sia discriminante, ma di fatto cambia il punto di vista dell'autore..) ed è anche in carriera.
Che carriera? Fa la ginecologa. Niente-popò-di-meno-che.
Cerco qualche opinione in rete, dicono che è scritto bene, che l'autrice descrive il sesso (post separazione da un uomo che non la guardava nemmeno) come lo vivono gli uomini, semplicemente sesso, senza altri condizionamenti. Il famoso just-for-fun. Per poi trovare il vero amore e ricapitolare.
Decido che lo prendo in biblioteca.
Sono a pagina 91. Il libro ne ha 141. Non riesco a finirlo.
Sembra scritto da due persone diverse.
Una è una moglie sui trent'anni, arrabbiata con il mondo perchè ha creduto alle parole dell'uomo che la tradiva ma amava solo lei (ma non era un problema della generazione precedente?) che si butta in improbabili avventure raccattate sul tram e portate a casa.
Non c'è divertimento. C'è rabbia e mortificazione (almeno il marito le dava una parvenza di normalità: una casa, le vacanze..) e mutismo.
Gli uomini si divertono, da che mondo è mondo.
L'altra (dopo che ha incontrato questo, che fino a pagina 91 sembrerebbe l'amore, ma non ci giurerei) è a metà tra schizofrenia e Tao dell'amore.
Petali che sembrano genitali (o anche il contrario) giardini che sbocciano e avvolgono, rami, muri verticali, edera che si arrampica.. capitoli e capitoli di descrizioni tra il bucolico e non so che. Non una battuta, uno scambio, un caffè al bar.
Si passa dalla donna imbruttita dal destino (che si è scelta) a una profeta del sesso trasfigurato come nelle tele cinesi (si, quelle appese nei ristoranti cinesi, con il pesco, il ponte e il pavone ricamato sopra).
Se qualcuno lo ha letto e se la sente, mi incoraggi a finire le prossime cinquanta pagine.
Strana coincidenza, il cinquanta ritorna sempre..
giovedì 30 maggio 2013
In camicia. Nuova.
Le camicie stanno bene a tutti. Ma non tutti le amano. Io, si.
Stamattina ho fatto spese e ne ho comprate un paio a Mauro, che iniziava ad esserne un po' a corto (non vuole disfarsi di quella che ha indossato al nostro matrimonio, ma ormai ha quasi cinque anni ed è allo stremo delle sue forze: va bene per fare la polvere!).
In vista dell'estate le ho prese con la trama leggera, tipo garza.
OVS Industry, notare la scritta 'facile stiro' sull'etichetta in stoffa applicata al bottone: ammetto che mi ha conquistato.
Assolutamente imbattuta e senza tempo: la camicia bianca candida.
Quest'anno si vede poco total white (menomale, ogni volta che vedo persone vestite con camicia e pantaloni bianchi mi sembrano usciti per la pausa caffè da un centro massaggi) quindi via agli accostamenti decisi.
Mi piacciono con i capi tinta unita, di colore definito e uniforme.
L'accostamento alle fantasie? Sempre rischioso, la mette la nonna alla domenica, meglio evitare.
Bianco e blu navy. Come propone Il gili Bil Gili. Belli i sandali con le fasce larghe di cuoio. I tre colori sono perfetti insieme, ricordarsi l'abbinamento, perchè in questo caso, anche cambiando l'ordine degli addendi, il risultato non cambia.
Bianco e giallo senape. Di Ann Taylor, su Lyst. Un paio di decolleté bianche e si fa un figurone anche a un matrimonio, anche se ha le maniche corte. Che classe.
Non ho pensato a comprare camicie premaman: l'effetto camicia da notte del vecchio baule che fanno le camicie che 'sparano' da sotto il seno non mi piace.
Resisterò altri dodici mesi ed aspetterò la prossima primavera.
Stamattina ho fatto spese e ne ho comprate un paio a Mauro, che iniziava ad esserne un po' a corto (non vuole disfarsi di quella che ha indossato al nostro matrimonio, ma ormai ha quasi cinque anni ed è allo stremo delle sue forze: va bene per fare la polvere!).
In vista dell'estate le ho prese con la trama leggera, tipo garza.
OVS Industry, notare la scritta 'facile stiro' sull'etichetta in stoffa applicata al bottone: ammetto che mi ha conquistato.
Assolutamente imbattuta e senza tempo: la camicia bianca candida.
Quest'anno si vede poco total white (menomale, ogni volta che vedo persone vestite con camicia e pantaloni bianchi mi sembrano usciti per la pausa caffè da un centro massaggi) quindi via agli accostamenti decisi.
Mi piacciono con i capi tinta unita, di colore definito e uniforme.
L'accostamento alle fantasie? Sempre rischioso, la mette la nonna alla domenica, meglio evitare.
Bianco e blu navy. Come propone Il gili Bil Gili. Belli i sandali con le fasce larghe di cuoio. I tre colori sono perfetti insieme, ricordarsi l'abbinamento, perchè in questo caso, anche cambiando l'ordine degli addendi, il risultato non cambia.
Bianco e giallo senape. Di Ann Taylor, su Lyst. Un paio di decolleté bianche e si fa un figurone anche a un matrimonio, anche se ha le maniche corte. Che classe.
Non ho pensato a comprare camicie premaman: l'effetto camicia da notte del vecchio baule che fanno le camicie che 'sparano' da sotto il seno non mi piace.
Resisterò altri dodici mesi ed aspetterò la prossima primavera.
mercoledì 29 maggio 2013
Verde acqua
Che voglia di mare.
Indossare i colori del mare per rievocare ricordi d'estate, il verde acqua ha una connotazione un po' vintage, un po' abitino da cerimonia d'altri tempi (quello nelle foto si può acquistare on line su Buylevard).
Fondali marini fatti di pietre che riflettono bagliori smeraldo, madreperla. Che incanto. Pietre da mettere addosso: spille, ciondoli, vistosi bracciali.
Se sapessi cucire (in realtà anni fa avevo acquistato una macchina da cucire di seconda mano per fare uno stringivita steccato e una gonna longuette e mi erano venuti proprio bene) mi cimenterei nella confezione di uno degli abitini vintage di Bess Georgette: li adoro, classe d'altri tempi.
Il cartamodello è indispensabile. Prima di tutto va prodotto un modello in carta, perfetta quella dei quotidiani, lavorabile come la carta velina fatta apposta per i sarti.
Poi servono una matita grassa, un paio di forbici, un metro a nastro e tantissimi spilli. L'ideale sarebbe lavorare su un manichino con le misure giuste: si risparmia metà del tempo e della fatica.
Anni fa -almeno venti- con mia nonna Carla e la sua amica Luisa (che ora purtroppo non c'è più) avevamo confezionato un abito vintage per me, estivo, con lo scollo a barca e la cintura di stoffa sottile, in vita. Luisa aveva tutto il necessario perchè faceva la sarta. Manichino compreso. Ricordo che lo avevamo imbottito perchè era piuttosto smilzo, mentre io sono sempre stata formosa. Che bello tornare ad allora con la memoria.
Indossare i colori del mare per rievocare ricordi d'estate, il verde acqua ha una connotazione un po' vintage, un po' abitino da cerimonia d'altri tempi (quello nelle foto si può acquistare on line su Buylevard).
Fondali marini fatti di pietre che riflettono bagliori smeraldo, madreperla. Che incanto. Pietre da mettere addosso: spille, ciondoli, vistosi bracciali.
Se sapessi cucire (in realtà anni fa avevo acquistato una macchina da cucire di seconda mano per fare uno stringivita steccato e una gonna longuette e mi erano venuti proprio bene) mi cimenterei nella confezione di uno degli abitini vintage di Bess Georgette: li adoro, classe d'altri tempi.
Il cartamodello è indispensabile. Prima di tutto va prodotto un modello in carta, perfetta quella dei quotidiani, lavorabile come la carta velina fatta apposta per i sarti.
Poi servono una matita grassa, un paio di forbici, un metro a nastro e tantissimi spilli. L'ideale sarebbe lavorare su un manichino con le misure giuste: si risparmia metà del tempo e della fatica.
Anni fa -almeno venti- con mia nonna Carla e la sua amica Luisa (che ora purtroppo non c'è più) avevamo confezionato un abito vintage per me, estivo, con lo scollo a barca e la cintura di stoffa sottile, in vita. Luisa aveva tutto il necessario perchè faceva la sarta. Manichino compreso. Ricordo che lo avevamo imbottito perchè era piuttosto smilzo, mentre io sono sempre stata formosa. Che bello tornare ad allora con la memoria.
Pazza per i cameo
Non lo sapevo. Il termine cameo deriva da una parola araba, il cui significato è 'bocciolo di fiore'.
Cameo (o cammeo) è un gioiello particolare, ottenuto dalla lavorazione di pietre a strati (normalmente onice) che permettono di isolare il colore dello strato di fondo da quello dello strato più in superficie.
I primi esemplari si videro già nell'età etrusca, da sempre gioielli di fattura finissima, ottenuti 'in negativo' eliminando la parte eccedente.
Forse è per questo particolare tipo di lavorazione che i cameo mi hanno sempre dato l'idea di essere esistiti, come perle nascoste, nei vari strati di materia.
La cornice, quasi sempre ovale, li rende immediatamente riconoscibili, gioielli di carattere.
Quasi un logo, il cameo funziona anche se ripetuto su accessori come il foulard, ci ha pensato Alexander McQueen. Divertente anche ingigantito sull'ombrello (tanto danno ancora pioggia. Sfoggiare please).
Vezzoso sul tacco dei tronchetti di Zanotti, o come decorazione di una sola unghia (che appunto, farebbe da 'cameo') rigorosamente quella dell'anulare sinistro.
Effetto cimelio del pirata per il cameo con il ritratto dello scheletro di una dama. Non perde il suo fascino, anzi.
Idea in più: perchè non osare ed usarli come stencil in un angolo vintage di casa? Vicino a quaderni neri, come i Moleskine. Tra Hemingway e la tipografia glamour.
Spiritosa la gonnelina a palloncino, le stampe danno un'allure da 'vado a un party a Colazione da Tiffany'.
Bebè con cameo diversi su fantasia floereale, un po' carta da parati, belle. Con il cinturino stanno bene sulle calze bianco gesso, pantaloni neri a sigaretta corti sopra la caviglia, camicia bianca e cravattino nero. Il top.
Speriamo che tornino di moda. Io propongo, non si sa mai..
Cameo (o cammeo) è un gioiello particolare, ottenuto dalla lavorazione di pietre a strati (normalmente onice) che permettono di isolare il colore dello strato di fondo da quello dello strato più in superficie.
I primi esemplari si videro già nell'età etrusca, da sempre gioielli di fattura finissima, ottenuti 'in negativo' eliminando la parte eccedente.
Forse è per questo particolare tipo di lavorazione che i cameo mi hanno sempre dato l'idea di essere esistiti, come perle nascoste, nei vari strati di materia.
La cornice, quasi sempre ovale, li rende immediatamente riconoscibili, gioielli di carattere.
Quasi un logo, il cameo funziona anche se ripetuto su accessori come il foulard, ci ha pensato Alexander McQueen. Divertente anche ingigantito sull'ombrello (tanto danno ancora pioggia. Sfoggiare please).
Vezzoso sul tacco dei tronchetti di Zanotti, o come decorazione di una sola unghia (che appunto, farebbe da 'cameo') rigorosamente quella dell'anulare sinistro.
Effetto cimelio del pirata per il cameo con il ritratto dello scheletro di una dama. Non perde il suo fascino, anzi.
Idea in più: perchè non osare ed usarli come stencil in un angolo vintage di casa? Vicino a quaderni neri, come i Moleskine. Tra Hemingway e la tipografia glamour.
Spiritosa la gonnelina a palloncino, le stampe danno un'allure da 'vado a un party a Colazione da Tiffany'.
Bebè con cameo diversi su fantasia floereale, un po' carta da parati, belle. Con il cinturino stanno bene sulle calze bianco gesso, pantaloni neri a sigaretta corti sopra la caviglia, camicia bianca e cravattino nero. Il top.
Speriamo che tornino di moda. Io propongo, non si sa mai..
Piccoli piaceri, anche immeritati
Lo stupore e la meraviglia nella vita fanno sempre un gran bene e io sono assolutamente a sostegno dei vizi (quelli buoni, non dannosi. Non troppo, almeno) e del concedersi cose belle senza nessun evidente motivo.
Oggi la mia giornata è iniziata con una stanchezza micidiale (forse dopo il bombardamento di ferro della settimana scorsa, fermarsi di botto non ha prodotto una reazione positiva) e una pioggia torrenziale.
Ho fatto quel che potevo con il ferro ed ho ripreso la cura, ma per il tempo, è il caso di dire 'apriti cielo'. E si è aperto.
Mi concederei una passeggiata nel parco e oserei i piedi nudi nell'erba bagnata: i piedi nudi nell'erba fresca danno una sensazione di godimento puro. Indescrivibile.
E' un piccolo piacere che può dare moltissimo.
Questa giornata che ci è arrivata come un dono inaspettato mi fa viaggiare e con la mente sono arrivata in uno chalet interamente in legno. Nel silenzio più profondo.
Ai piedi delle Alpi Giulie c'è questa meraviglia che sembra uscita da una favola. Costi davvero abbordabili, ideale per due coppie di amici con o senza bimbi (e non troppo piccoli).
L'immagine riprende esattamente l'atmosfera che avevo in testa.
Un buon libro, una passeggiata, un frutto addentato sotto il sole della valle.
Per non parlare della camera da letto con la vasca da bagno.. è semplicemente divina. Mi chiedo cosa aspetto a fare i bagagli.. una settimana di assoluto relax, lontani da tutto, aria ottima e buon cibo (sicuramente, c'è un ristorantino nel villaggio composto dai soli tre chalet che solo il nome è tutto un programma: La baita dei sapori).
Quando la sera rinfresca, una tazza di tisana bollente, davanti al camino, con una vista mozzafiato.
Perchè questi desideri si realizzino: Alpi Giulie Chalet Resort.
A meritare questo 'piccolo' piacere ci si può sempre organizzare dopo..
Oggi la mia giornata è iniziata con una stanchezza micidiale (forse dopo il bombardamento di ferro della settimana scorsa, fermarsi di botto non ha prodotto una reazione positiva) e una pioggia torrenziale.
Ho fatto quel che potevo con il ferro ed ho ripreso la cura, ma per il tempo, è il caso di dire 'apriti cielo'. E si è aperto.
Mi concederei una passeggiata nel parco e oserei i piedi nudi nell'erba bagnata: i piedi nudi nell'erba fresca danno una sensazione di godimento puro. Indescrivibile.
E' un piccolo piacere che può dare moltissimo.
Questa giornata che ci è arrivata come un dono inaspettato mi fa viaggiare e con la mente sono arrivata in uno chalet interamente in legno. Nel silenzio più profondo.
Ai piedi delle Alpi Giulie c'è questa meraviglia che sembra uscita da una favola. Costi davvero abbordabili, ideale per due coppie di amici con o senza bimbi (e non troppo piccoli).
L'immagine riprende esattamente l'atmosfera che avevo in testa.
Un buon libro, una passeggiata, un frutto addentato sotto il sole della valle.
Per non parlare della camera da letto con la vasca da bagno.. è semplicemente divina. Mi chiedo cosa aspetto a fare i bagagli.. una settimana di assoluto relax, lontani da tutto, aria ottima e buon cibo (sicuramente, c'è un ristorantino nel villaggio composto dai soli tre chalet che solo il nome è tutto un programma: La baita dei sapori).
Quando la sera rinfresca, una tazza di tisana bollente, davanti al camino, con una vista mozzafiato.
Perchè questi desideri si realizzino: Alpi Giulie Chalet Resort.
A meritare questo 'piccolo' piacere ci si può sempre organizzare dopo..
martedì 28 maggio 2013
Specchietti per le allodole
I social network li hanno inventati per (s)coprire le carte?
Oggi i grandi amici Tizio e Caio possono rivelarsi acerrimi nemici, basta fare attenzione a cosa scrivono (non necessariamente l'uno dell'altro) sui vari profili Facebook, Twitter, etc.
I social network sono di fatto delle versioni digitali del vecchio 'mandare a dire'.
Capita spesso che le persone che postano una propria foto o un proprio pensiero (dove con l'atto di postare ci si mette praticamente alla finestra sul mondo intero, con possibilità di essere contemporaneamente visti in Giappone e in Equador entro due minuti netti) sembrano farlo con l'unica aspettativa di misurare la propria avvenenza e popolarità.
La storia della condivisione va a farsi benedire, diventa una copertura.
Se disgraziatamente un amico (si, perchè l'amicizia la diamo noi, coscientemente) esprime una sua opinione non perfettamente allineata all'aspettativa di chi posta, le reazioni possono essere catastrofiche.
Diatribe pubbliche, eliminazione annunciata dalla lista degli amici, rivendicazioni della proprietà legittima della bacheca, chi più ne ha più ne metta.
Ci sono poi i rapporti che è risaputo si basano su equilibri delicatissimi. Spesso questi rapporti si riconoscono dai post che esaltano i livelli di confidenza (che nella realtà non esiste) tipo chi specifica il grado di vicinanza con termini quali 'amico mio' o che prima di fare nomi e cognomi condisce con titoli quali 'splendida persona' oppure posta frasi del tipo 'è sempre bello passare pomeriggi con persone come te, Tizio'.
Non c'è niente di male, ma perchè condividere una cosa del genere, se non si ha altro da aggiungere?
Effettivamente è facile tradurre in 'Tizio, guarda come parlo bene di te al mondo, quindi non arrabbiarti se non ti invito mai alle cene con gli altri amici, hai un pessimo carattere e non ti vuole nessuno, lo sanno tutti che non posso essere sincero con te, mi toglieresti l'amicizia'.
Insomma diciamolo, i social network rivelano clamorosamente le code di paglia di ognuno di noi.
Con questo non dichiaro guerra alle piazze virtuali. Sono utilissime per mantenere un filo sottile con persone che vivono lontano (e che quando vuoi vedere o sentire comunque incontri nella realtà, o chiami al telefono) rimanere aggiornati su diversi aspetti: dall'evolversi dell'influenza alla crescita della pancia di una futura mamma, dai vari stadi della preparazione di un oggetto fatto a mano alla fioritura delle piante sul terrazzo piantate magari insieme mesi prima.
Però c'è un però. Facebook sarebbe deserto se si parlasse esclusivamente di fiori e di pance.
E' dunque definibile la doppia funzione dei social network: dire ciò che si pensa (o ciò che si vuole far credere agli altri che si pensa) e sbirciare nei rapporti altrui ridendo sotto i baffi quando si leggono stupidaggini clamorose.
Tipo la bruttina che mette una sua foto in cui si vede (e menomale) particolarmente ben ritratta e qualcuno commenta con un fuoriluogo 'sei uno splendore' (per non usare termini più coloriti).
I post che, fossi la censura di Facebook, eliminerei all'istante?
Quelli in cui la gente, nel tentativo forse di apparire più nobile/coraggiosa, condivide foto truci di bambini maltrattati, animali incidentati, donne picchiate, etc. Il tutto dietro l'ipocrisia della sensibilizzazione. Palle. E' banalissimo cattivo gusto.
I post più odiosi? Le citazioni altrui.
Una ogni tanto perchè la leggiamo su un libro o sulla Bibbia o chissà dove e vogliamo condividerla va bene. Ma iniziamo a dire cose nostre, tanto per cambiare, che ci si sviluppa il cervello.
I post che adoro?
Quelli in cui la gente si prende in giro. Quando si fa una figura tremenda e invece che ringraziare il cielo che ci hanno visti in due, lo si racconta a tutti. Mi piacciono perchè chi ride di se mi strappa sempre un sorriso, e in fondo (magari non sapendolo) facilita le cose agli altri.
Infatti nessuno di noi è perfetto.
Ma questi luoghi virtuali invitano alla faziosità, sono l'unica che si è chiesta perchè non esiste il pulsante 'non mi piace'?
Meditare, please.
Oggi i grandi amici Tizio e Caio possono rivelarsi acerrimi nemici, basta fare attenzione a cosa scrivono (non necessariamente l'uno dell'altro) sui vari profili Facebook, Twitter, etc.
I social network sono di fatto delle versioni digitali del vecchio 'mandare a dire'.
Capita spesso che le persone che postano una propria foto o un proprio pensiero (dove con l'atto di postare ci si mette praticamente alla finestra sul mondo intero, con possibilità di essere contemporaneamente visti in Giappone e in Equador entro due minuti netti) sembrano farlo con l'unica aspettativa di misurare la propria avvenenza e popolarità.
La storia della condivisione va a farsi benedire, diventa una copertura.
Se disgraziatamente un amico (si, perchè l'amicizia la diamo noi, coscientemente) esprime una sua opinione non perfettamente allineata all'aspettativa di chi posta, le reazioni possono essere catastrofiche.
Diatribe pubbliche, eliminazione annunciata dalla lista degli amici, rivendicazioni della proprietà legittima della bacheca, chi più ne ha più ne metta.
Ci sono poi i rapporti che è risaputo si basano su equilibri delicatissimi. Spesso questi rapporti si riconoscono dai post che esaltano i livelli di confidenza (che nella realtà non esiste) tipo chi specifica il grado di vicinanza con termini quali 'amico mio' o che prima di fare nomi e cognomi condisce con titoli quali 'splendida persona' oppure posta frasi del tipo 'è sempre bello passare pomeriggi con persone come te, Tizio'.
Non c'è niente di male, ma perchè condividere una cosa del genere, se non si ha altro da aggiungere?
Effettivamente è facile tradurre in 'Tizio, guarda come parlo bene di te al mondo, quindi non arrabbiarti se non ti invito mai alle cene con gli altri amici, hai un pessimo carattere e non ti vuole nessuno, lo sanno tutti che non posso essere sincero con te, mi toglieresti l'amicizia'.
Insomma diciamolo, i social network rivelano clamorosamente le code di paglia di ognuno di noi.
Con questo non dichiaro guerra alle piazze virtuali. Sono utilissime per mantenere un filo sottile con persone che vivono lontano (e che quando vuoi vedere o sentire comunque incontri nella realtà, o chiami al telefono) rimanere aggiornati su diversi aspetti: dall'evolversi dell'influenza alla crescita della pancia di una futura mamma, dai vari stadi della preparazione di un oggetto fatto a mano alla fioritura delle piante sul terrazzo piantate magari insieme mesi prima.
Però c'è un però. Facebook sarebbe deserto se si parlasse esclusivamente di fiori e di pance.
E' dunque definibile la doppia funzione dei social network: dire ciò che si pensa (o ciò che si vuole far credere agli altri che si pensa) e sbirciare nei rapporti altrui ridendo sotto i baffi quando si leggono stupidaggini clamorose.
Tipo la bruttina che mette una sua foto in cui si vede (e menomale) particolarmente ben ritratta e qualcuno commenta con un fuoriluogo 'sei uno splendore' (per non usare termini più coloriti).
I post che, fossi la censura di Facebook, eliminerei all'istante?
Quelli in cui la gente, nel tentativo forse di apparire più nobile/coraggiosa, condivide foto truci di bambini maltrattati, animali incidentati, donne picchiate, etc. Il tutto dietro l'ipocrisia della sensibilizzazione. Palle. E' banalissimo cattivo gusto.
I post più odiosi? Le citazioni altrui.
Una ogni tanto perchè la leggiamo su un libro o sulla Bibbia o chissà dove e vogliamo condividerla va bene. Ma iniziamo a dire cose nostre, tanto per cambiare, che ci si sviluppa il cervello.
I post che adoro?
Quelli in cui la gente si prende in giro. Quando si fa una figura tremenda e invece che ringraziare il cielo che ci hanno visti in due, lo si racconta a tutti. Mi piacciono perchè chi ride di se mi strappa sempre un sorriso, e in fondo (magari non sapendolo) facilita le cose agli altri.
Infatti nessuno di noi è perfetto.
Ma questi luoghi virtuali invitano alla faziosità, sono l'unica che si è chiesta perchè non esiste il pulsante 'non mi piace'?
Meditare, please.
..qualcosa da appendere
Mi piace creare 'angolini' in casa, in terrazzo. Piccole ambientazioni a tema: un posticino che sa di amore, uno di mare, uno di natura, etc.
Oggi c'è un'occasione particolare, vado a trovare un'amica che ha fatto un intervento e non voglio portare i fiori (mi sembra che negli ospedali siano poco graditi -o addirittura vietati- per via di allergie e profumi che possono infastidire gli altri). Ho optato per qualcosa di carino che poi la mia amica si possa portare a casa, un ricordo dolce e caldo, come un abbraccio forte.
Sono entrata da Mama o non m'ama, un negozietto di fiori (ma detto così è riduttivo, ci sono delle idee meravigliose e di gusto) esattamente di fronte all'entrata dell'Asilo Litta di Vedano, in via Santo Stefano 65. Atmosfera da favola, colori pastello, accessori delicati.. e ovviamente tanti fiori.
Ho scelto un cuore in legno dipinto con un motivo perfetto per l'occasione: una fatina appesa a un quadrifoglio. Le misure sono circa 20x20 cm.
La fatina potrebbe essere la fata dell'amicizia (dietro è liscio e bianco, si può scrivere la data, un messaggio e firmare) e il quadrifoglio è un porta fortuna. L'intervento è riuscito ma è sempre bello augurare fortuna a chi si vuole bene.
Sul genere, ma già in casa, ho trovato alcuni oggetti raccolti qua e la negli anni, in giro per mercatini, oppure ricevuti in regalo da qualcuno particolarmente abile con i lavoretti fatti a mano.
Un quadretto dall'atmosfera bucolica fatto con la tecnica del decoupage, semplicissimo eppure di grande effetto. Mercatino dell'antiquariato di Monza, in Via Bergamo (la seconda domenica del mese, per info Borgo Bergamo Monza).
Un tagliere decorato anche questo a decoupage, con pochi semplici elementi che però fa la sua scena in cucina. Omaggio creato dalle manine della mia mamma.
Nel caso mancassero le idee per un regalo di gusto (o se volete fare un regalo a me, per esempio!), consiglio di fare un giro da Mama o non m'ama: impossibile uscire a mani vuote ma soprattutto garantito il figurone nel regalare qualcosa di originale e inaspettato.
Buona scelta.
Oggi c'è un'occasione particolare, vado a trovare un'amica che ha fatto un intervento e non voglio portare i fiori (mi sembra che negli ospedali siano poco graditi -o addirittura vietati- per via di allergie e profumi che possono infastidire gli altri). Ho optato per qualcosa di carino che poi la mia amica si possa portare a casa, un ricordo dolce e caldo, come un abbraccio forte.
Sono entrata da Mama o non m'ama, un negozietto di fiori (ma detto così è riduttivo, ci sono delle idee meravigliose e di gusto) esattamente di fronte all'entrata dell'Asilo Litta di Vedano, in via Santo Stefano 65. Atmosfera da favola, colori pastello, accessori delicati.. e ovviamente tanti fiori.
Ho scelto un cuore in legno dipinto con un motivo perfetto per l'occasione: una fatina appesa a un quadrifoglio. Le misure sono circa 20x20 cm.
La fatina potrebbe essere la fata dell'amicizia (dietro è liscio e bianco, si può scrivere la data, un messaggio e firmare) e il quadrifoglio è un porta fortuna. L'intervento è riuscito ma è sempre bello augurare fortuna a chi si vuole bene.
Sul genere, ma già in casa, ho trovato alcuni oggetti raccolti qua e la negli anni, in giro per mercatini, oppure ricevuti in regalo da qualcuno particolarmente abile con i lavoretti fatti a mano.
Un quadretto dall'atmosfera bucolica fatto con la tecnica del decoupage, semplicissimo eppure di grande effetto. Mercatino dell'antiquariato di Monza, in Via Bergamo (la seconda domenica del mese, per info Borgo Bergamo Monza).
Un tagliere decorato anche questo a decoupage, con pochi semplici elementi che però fa la sua scena in cucina. Omaggio creato dalle manine della mia mamma.
Nel caso mancassero le idee per un regalo di gusto (o se volete fare un regalo a me, per esempio!), consiglio di fare un giro da Mama o non m'ama: impossibile uscire a mani vuote ma soprattutto garantito il figurone nel regalare qualcosa di originale e inaspettato.
Buona scelta.
lunedì 27 maggio 2013
Scena muta
Questa è una provocazione, perchè non mi da così fastidio, in realtà, ricevere telefonate.
Anche se inutili.
Si, perchè io ricevo quotidianamente delle telefonate inutili.
E a pensarci bene mi danno anche un certo fastidio. Perchè negarlo?
Mettiamo da parte quelle delle società fornitrici/gestori di servizi (telefonia, energia, etc.), ci sono le telefonate di routine della mamma.
Quelle che arrivano puntuali alle otto del mattino e che iniziano con 'tutto bene?' (mi sono alzata mezz'ora fa, non so come sarà la giornata, per questi trenta minuti comunque si, tutto bene).
Poi proseguono (giuro, ogni mattina) con 'hai dormito?' (mai sofferto di insonnia in vita mia) e con 'il popino si è svegliato? cosa sta facendo?' (certo che si è svegliato, andiamo ogni giorno all'asilo, non lo porto mica in pigiama! Cosa sta facendo? Colazione, guardando la televisione, vestendosi: le solite cose che fa uno tra la sveglia e l'uscita di casa alla mattina).
Poi 'oggi ti vedo?'.
Questa domanda merita un approfondimento. Essendo a casa in 'maternità' da qualche parte è scritto che dovrei presentarmi ogni giorno a casa dei miei (tipo arresti domiciliari) perciò ogni giorno mi viene chiesto più o meno velatamente se vado, se mi vedono, cosa faccio a pranzo.
Io e la mia famiglia abbiamo (da sempre) dei ritmi e dei modi di trascorrere il tempo molto diversi.
Io ad esempio pranzo intorno alle tredici, che per me può voler dire anche le quattordici.
In casa, con mio marito e mio figlio, il volume della televisione, quando è accesa, non sale mai sopra il valore '9'.
In casa, con mio marito e mio figlio, non ci stiamo addosso chiedendoci continuamente se vogliamo un ghiacciolo, abbiamo visto che nel freezer c'è un ghiacciolo, abbiamo mangiato il ghiacciolo che c'è nel freezer. Insomma: ci chiediamo e/o diciamo le cose una volta soltanto.
Le abitudini di casa dei miei genitori invece (giustamente) sono diverse dalle mie e io molto spesso mi rendo conto che sono intollerante al volume '27' della televisione (e non è detto che ce ne sia accesa una sola per volta), ai mille modi di chiedermi se voglio mangiare/ho mangiato/so che c'è un ghiacciolo e via discorrendo.
Tornando alle telefonate, intorno all'ora di pranzo ne arriva una praticamente identica a quella delle otto: un altro rassicurante 'tutto bene?' seguito da un 'cosa cucini a pranzo?'.
Se non ricevo la chiamata prima di mangiare, ne ricevo regolarmente una dopo mangiato che inizia sempre con un 'tutto bene' ma prosegue con un 'cosa hai mangiato a pranzo?'.
Mediamente la telefonata dopo pranzo arriva sulla prima nota (giuro, la prima) della sigla di chiusura di Beautiful. Tanto che a volte mi chiedo se mia madre abbia il numero già fatto sul telefono e prema invio appena finisce la puntata. Tipo concorso telefonico a premi.
Probabilmente si.
Le domande sono così automatiche che mi è capitata la sequenza 'tutto bene?', 'hai mangiato?' e alla mia risposta 'ho finito adesso' mi sento chiedere 'cosa stai facendo?'.
Come cosa sto facendo? Sto ingoiando le ultime briciole del pranzo che ti ho detto di aver appena finito!
Io credo che gli abbonamenti flat che spendi sempre uguale e chiami quanto vuoi (sul cellulare o al telefono fisso) abbiano fatto dei grandi danni.
Venerdì sera, prima di cena, ero alla riunione dell'asilo, mio marito ha ricevuto a casa due telefonate, alle quali ha risposto che ero alla riunione dell'asilo.
Tornata all'ora di cena, con quell'anima santa che ho sposato che mi aveva preparato un buon piatto di maccheroni al sugo, mi siedo e in successione prima mia suocera poi mia madre, alle otto spaccate mi chiamano 'ciao, volevo sapere come è andata la riunione all'asilo'.
Ora: ma è così importante sapere cosa ha detto la maestra di una classe di bambini tra i cinque e i sei anni, da -sapendo che sono appena rientrata ed è ora di cena- richiamare dopo un'ora e chiedere un report mentre siamo tutti a tavola?
L'urgenza è pari a come se fossi appena uscita dalla sala operatoria.
Ma che succede a una certa età, qualcuno me lo spiega?
Si hanno meno cose da fare, quindi nella noia si occupa il tempo chiedendo dettagliatissime informazioni sulla routine dei propri figli?
All'improvviso si prende un virus che ti fa diventare curioso e ossessivo?
A me questo sembra autentico sadismo.
Snervata, e immagino anche un po' maleducata, rispondo a mono sillabe e con un tocco di cinica ironia.
A volte vorrei fare scena muta, anzi la faccio, tra una risposta scontata e una domanda scontata.
Me ne accorgo dopo aver riattaccato, e mi dico 'dai Laura, ci rimane male'.
Ma la mattina dopo, alle otto: tutto bene?
Anche se inutili.
Si, perchè io ricevo quotidianamente delle telefonate inutili.
E a pensarci bene mi danno anche un certo fastidio. Perchè negarlo?
Mettiamo da parte quelle delle società fornitrici/gestori di servizi (telefonia, energia, etc.), ci sono le telefonate di routine della mamma.
Quelle che arrivano puntuali alle otto del mattino e che iniziano con 'tutto bene?' (mi sono alzata mezz'ora fa, non so come sarà la giornata, per questi trenta minuti comunque si, tutto bene).
Poi proseguono (giuro, ogni mattina) con 'hai dormito?' (mai sofferto di insonnia in vita mia) e con 'il popino si è svegliato? cosa sta facendo?' (certo che si è svegliato, andiamo ogni giorno all'asilo, non lo porto mica in pigiama! Cosa sta facendo? Colazione, guardando la televisione, vestendosi: le solite cose che fa uno tra la sveglia e l'uscita di casa alla mattina).
Poi 'oggi ti vedo?'.
Questa domanda merita un approfondimento. Essendo a casa in 'maternità' da qualche parte è scritto che dovrei presentarmi ogni giorno a casa dei miei (tipo arresti domiciliari) perciò ogni giorno mi viene chiesto più o meno velatamente se vado, se mi vedono, cosa faccio a pranzo.
Io e la mia famiglia abbiamo (da sempre) dei ritmi e dei modi di trascorrere il tempo molto diversi.
Io ad esempio pranzo intorno alle tredici, che per me può voler dire anche le quattordici.
In casa, con mio marito e mio figlio, il volume della televisione, quando è accesa, non sale mai sopra il valore '9'.
In casa, con mio marito e mio figlio, non ci stiamo addosso chiedendoci continuamente se vogliamo un ghiacciolo, abbiamo visto che nel freezer c'è un ghiacciolo, abbiamo mangiato il ghiacciolo che c'è nel freezer. Insomma: ci chiediamo e/o diciamo le cose una volta soltanto.
Le abitudini di casa dei miei genitori invece (giustamente) sono diverse dalle mie e io molto spesso mi rendo conto che sono intollerante al volume '27' della televisione (e non è detto che ce ne sia accesa una sola per volta), ai mille modi di chiedermi se voglio mangiare/ho mangiato/so che c'è un ghiacciolo e via discorrendo.
Tornando alle telefonate, intorno all'ora di pranzo ne arriva una praticamente identica a quella delle otto: un altro rassicurante 'tutto bene?' seguito da un 'cosa cucini a pranzo?'.
Se non ricevo la chiamata prima di mangiare, ne ricevo regolarmente una dopo mangiato che inizia sempre con un 'tutto bene' ma prosegue con un 'cosa hai mangiato a pranzo?'.
Mediamente la telefonata dopo pranzo arriva sulla prima nota (giuro, la prima) della sigla di chiusura di Beautiful. Tanto che a volte mi chiedo se mia madre abbia il numero già fatto sul telefono e prema invio appena finisce la puntata. Tipo concorso telefonico a premi.
Probabilmente si.
Le domande sono così automatiche che mi è capitata la sequenza 'tutto bene?', 'hai mangiato?' e alla mia risposta 'ho finito adesso' mi sento chiedere 'cosa stai facendo?'.
Come cosa sto facendo? Sto ingoiando le ultime briciole del pranzo che ti ho detto di aver appena finito!
Io credo che gli abbonamenti flat che spendi sempre uguale e chiami quanto vuoi (sul cellulare o al telefono fisso) abbiano fatto dei grandi danni.
Venerdì sera, prima di cena, ero alla riunione dell'asilo, mio marito ha ricevuto a casa due telefonate, alle quali ha risposto che ero alla riunione dell'asilo.
Tornata all'ora di cena, con quell'anima santa che ho sposato che mi aveva preparato un buon piatto di maccheroni al sugo, mi siedo e in successione prima mia suocera poi mia madre, alle otto spaccate mi chiamano 'ciao, volevo sapere come è andata la riunione all'asilo'.
Ora: ma è così importante sapere cosa ha detto la maestra di una classe di bambini tra i cinque e i sei anni, da -sapendo che sono appena rientrata ed è ora di cena- richiamare dopo un'ora e chiedere un report mentre siamo tutti a tavola?
L'urgenza è pari a come se fossi appena uscita dalla sala operatoria.
Ma che succede a una certa età, qualcuno me lo spiega?
Si hanno meno cose da fare, quindi nella noia si occupa il tempo chiedendo dettagliatissime informazioni sulla routine dei propri figli?
All'improvviso si prende un virus che ti fa diventare curioso e ossessivo?
A me questo sembra autentico sadismo.
Snervata, e immagino anche un po' maleducata, rispondo a mono sillabe e con un tocco di cinica ironia.
A volte vorrei fare scena muta, anzi la faccio, tra una risposta scontata e una domanda scontata.
Me ne accorgo dopo aver riattaccato, e mi dico 'dai Laura, ci rimane male'.
Ma la mattina dopo, alle otto: tutto bene?
sabato 25 maggio 2013
Non ce l'ho fatta. Ho pianto anche oggi!
Ricky oggi ha preso il diploma della scuola materna. E' un remigino (i remigini sono i bambini di prima elementare, e normalmente li si festeggia il primo di ottobre, festa di San Remigio) ed ha ricevuto il diploma, insieme ai compagni della sua classe, dopo una solenne cerimonia all'Auditorium dell'oratorio di Santo Stefano, a Vedano.
Pensavo fosse una festa come le altre, ma sentire mio figlio chiamato dalla Direttrice dell'asilo, vederlo con in testa il copricapo dei laureandi, mentre riceve dalla sua insegnante il diploma e il bacio accademico.. mi ha fatto versare fiumi e fiumi di lacrime.
A me, come a tutte le mamme (e secondo me anche qualche papà) presenti in sala per vedere i loro bimbi.
Il papà ed io eravamo davvero orgogliosi. Ci siamo vestiti con i colori della classe di Ricky (gli anatroccoli) ed abbiamo fatto il tifo per lui quando era sul palco.
Che emozioni forti. Non pensavo. Forse nessuno lo pensa, fino a che non si trova nei panni di uno dei genitori.
Ogni volta che provo queste emozioni, che non riesco a trattenere le lacrime.. mi chiedo se sarò in grado di affrontare tutti i cambiamenti di Ricky, tutte le conquiste, tutte le volte che farà un passo avanti e che -inevitabilmente- si allontanerà un pochino da me.
Fare la mamma è la cosa più bella che possa capitare nella vita, quello che più mi meraviglia è che effettivamente una mamma fa di tutto (da subito) per aiutare i propri figli a lasciarla.
Prendiamo il parto, le contrazioni non sono altro che il modo che ha il bimbo di spingere per trovarsi la sua via di uscita, e noi cosa facciamo? Ci sincronizziamo alle sue spinte per aiutarlo ad uscire, anche se sappiamo che agevolare la cosa ci farà più male. Andiamo contro noi stesse.
Poi li allattiamo quanto serve ma con l'obiettivo di svezzarli, perchè imparino a fare a meno del nostro latte, poi del nostro corpo, perchè imparino a nutrirsi, ad addormentarsi, a rialzarsi senza il nostro intervento.
Ogni giorno facciamo delle piccole (enormi) cose che piano piano li allontanano da noi.
Con tristezza? No, non è tristezza. E' comunque felicità, perchè solo quando saranno indipendenti, sapremo di aver fatto il nostro dovere alla perfezione.
Ricordo una poesia di Khalil Gibran, che lessi quando ero adolescente, e che la mamma di una mia amica condivise con un'espressione felice, ma rassegnata (allora non potevo capirne esattamente il significato):
I tuoi figli non sono figli tuoi.
Sono i figli e le figlie della vita stessa.
Tu li metti al mondo, ma non li crei.
Sono vicini a te ma non sono cosa tua.
Puoi dare a loro tutto il tuo amore ma non le tue idee.
Tu puoi dare dimora al loro corpo, non alla loro anima.
Perchè la loro anima abita nella casa dell'avvenire dove a te non è dato entrare, neppure in sogno.
Puoi cercare di somigliare a loro, ma non volere che assomiglino a te.
Perchè la vita non torna indietro e non si ferma a ieri.
Tu sei l'arco che lancia i figli verso il domani.
Pensavo fosse una festa come le altre, ma sentire mio figlio chiamato dalla Direttrice dell'asilo, vederlo con in testa il copricapo dei laureandi, mentre riceve dalla sua insegnante il diploma e il bacio accademico.. mi ha fatto versare fiumi e fiumi di lacrime.
A me, come a tutte le mamme (e secondo me anche qualche papà) presenti in sala per vedere i loro bimbi.
Il papà ed io eravamo davvero orgogliosi. Ci siamo vestiti con i colori della classe di Ricky (gli anatroccoli) ed abbiamo fatto il tifo per lui quando era sul palco.
Che emozioni forti. Non pensavo. Forse nessuno lo pensa, fino a che non si trova nei panni di uno dei genitori.
Ogni volta che provo queste emozioni, che non riesco a trattenere le lacrime.. mi chiedo se sarò in grado di affrontare tutti i cambiamenti di Ricky, tutte le conquiste, tutte le volte che farà un passo avanti e che -inevitabilmente- si allontanerà un pochino da me.
Fare la mamma è la cosa più bella che possa capitare nella vita, quello che più mi meraviglia è che effettivamente una mamma fa di tutto (da subito) per aiutare i propri figli a lasciarla.
Prendiamo il parto, le contrazioni non sono altro che il modo che ha il bimbo di spingere per trovarsi la sua via di uscita, e noi cosa facciamo? Ci sincronizziamo alle sue spinte per aiutarlo ad uscire, anche se sappiamo che agevolare la cosa ci farà più male. Andiamo contro noi stesse.
Poi li allattiamo quanto serve ma con l'obiettivo di svezzarli, perchè imparino a fare a meno del nostro latte, poi del nostro corpo, perchè imparino a nutrirsi, ad addormentarsi, a rialzarsi senza il nostro intervento.
Ogni giorno facciamo delle piccole (enormi) cose che piano piano li allontanano da noi.
Con tristezza? No, non è tristezza. E' comunque felicità, perchè solo quando saranno indipendenti, sapremo di aver fatto il nostro dovere alla perfezione.
Ricordo una poesia di Khalil Gibran, che lessi quando ero adolescente, e che la mamma di una mia amica condivise con un'espressione felice, ma rassegnata (allora non potevo capirne esattamente il significato):
I tuoi figli non sono figli tuoi.
Sono i figli e le figlie della vita stessa.
Tu li metti al mondo, ma non li crei.
Sono vicini a te ma non sono cosa tua.
Puoi dare a loro tutto il tuo amore ma non le tue idee.
Tu puoi dare dimora al loro corpo, non alla loro anima.
Perchè la loro anima abita nella casa dell'avvenire dove a te non è dato entrare, neppure in sogno.
Puoi cercare di somigliare a loro, ma non volere che assomiglino a te.
Perchè la vita non torna indietro e non si ferma a ieri.
Tu sei l'arco che lancia i figli verso il domani.
venerdì 24 maggio 2013
Piove di traverso
Il rumore della pioggia l'ho sentito sin dalle prime ore del mattino, a letto.
Quanta acqua, non accenna a smettere, piove ininterrottamente di traverso (e arriva da nord, quindi c'è una temperatura invernale, stamattina ho portato Ricky all'asilo, incredibile, alle 9.30 c'erano solo sei gradi..!).
Un'amica nel pomeriggio aveva il matrimonio di una coppia di amici. Va beh che 'sposa bagnata, sposa fortunata', però.. chissà quante volte se lo sentirà dire oggi. Che cosa irritante, non la invidio.
Comunque mica è tanto vero che porti fortuna, anzi..
A Lisbona fanno surf a novembre. Sentito stamattina in televisione. Bella Lisbona, mi sembra un bel posto per viverci.
Prossimo viaggio, tra un po' di mesi temo, visti i nostri programmi per almeno quindici mesi (ma anche di più, inutile negare).
Ispirata dagli stuzzichini portoghesi, oggi ho preparato il purè con le patate rosse.
Le ho fatte bollire in abbondante acqua.
Le ho passate a grana grossa. Mi piace l'effetto 'rustico' che assume il purè, se rimane qualche pezzetto intero.
Ho servito con fagiolini verdi dolci (olio extravergine di oliva, sale e pepe nero appena macinato) appena tiepidi, pane tostato e robiola.
Una passata di olio extravergine di oliva a crudo e via.
Ottimo piatto, molto sfizioso.
Ci voleva, in una giornata così.
Bisogna essere pazienti, forse domenica esce un filo di sole.
Quanta acqua, non accenna a smettere, piove ininterrottamente di traverso (e arriva da nord, quindi c'è una temperatura invernale, stamattina ho portato Ricky all'asilo, incredibile, alle 9.30 c'erano solo sei gradi..!).
Un'amica nel pomeriggio aveva il matrimonio di una coppia di amici. Va beh che 'sposa bagnata, sposa fortunata', però.. chissà quante volte se lo sentirà dire oggi. Che cosa irritante, non la invidio.
Comunque mica è tanto vero che porti fortuna, anzi..
A Lisbona fanno surf a novembre. Sentito stamattina in televisione. Bella Lisbona, mi sembra un bel posto per viverci.
Prossimo viaggio, tra un po' di mesi temo, visti i nostri programmi per almeno quindici mesi (ma anche di più, inutile negare).
Ispirata dagli stuzzichini portoghesi, oggi ho preparato il purè con le patate rosse.
Le ho fatte bollire in abbondante acqua.
Le ho passate a grana grossa. Mi piace l'effetto 'rustico' che assume il purè, se rimane qualche pezzetto intero.
Ho servito con fagiolini verdi dolci (olio extravergine di oliva, sale e pepe nero appena macinato) appena tiepidi, pane tostato e robiola.
Una passata di olio extravergine di oliva a crudo e via.
Ottimo piatto, molto sfizioso.
Ci voleva, in una giornata così.
Bisogna essere pazienti, forse domenica esce un filo di sole.
giovedì 23 maggio 2013
Oggi mangio newyorker
Stamattina una camminata nel parco.
A pranzo una tartina sfiziosa e nutriente, ma leggera.
Pane tostato, formaggio cremoso (amo molto la robiola) un paio di noci, qualche foglia di lattughino tenero, un filo di olio extravergine di oliva crudo, un pizzico di sale.
C'è tutto, fa gola, la quantità è perfetta per riempire lo stomaco senza appesantirlo, visto il poco spazio che è rimasto!!
Forse ho trovato anche la soluzione per assumere le pastiglie di ferro che mi aveva dato la dottoressa: invece che prenderne due intere da 105 mg prima di mangiare, ne prendo quattro metà in diversi momenti della giornata, ma sempre prima di ingerire qualcosa: ecco perchè i pranzi devono essere degli spuntini leggeri, altrimenti tra un po' raggiungo il quintale!
Per ora funziona e non sento nessun fastidio. Speriamo vada avanti così..
La tartina è di mia invenzione, l'ho chiamata 'after park', se qualcuno la prova.. mi faccia sapere com'è!
A pranzo una tartina sfiziosa e nutriente, ma leggera.
Pane tostato, formaggio cremoso (amo molto la robiola) un paio di noci, qualche foglia di lattughino tenero, un filo di olio extravergine di oliva crudo, un pizzico di sale.
C'è tutto, fa gola, la quantità è perfetta per riempire lo stomaco senza appesantirlo, visto il poco spazio che è rimasto!!
Forse ho trovato anche la soluzione per assumere le pastiglie di ferro che mi aveva dato la dottoressa: invece che prenderne due intere da 105 mg prima di mangiare, ne prendo quattro metà in diversi momenti della giornata, ma sempre prima di ingerire qualcosa: ecco perchè i pranzi devono essere degli spuntini leggeri, altrimenti tra un po' raggiungo il quintale!
Per ora funziona e non sento nessun fastidio. Speriamo vada avanti così..
La tartina è di mia invenzione, l'ho chiamata 'after park', se qualcuno la prova.. mi faccia sapere com'è!
mercoledì 22 maggio 2013
Colazione in America
L'atmosfera di questa canzone mi ha sempre affascinata, rapita..
Eppure non sono mai andata a fondo, per capire di cosa parlasse esattamente.
Mi bastavano le sensazioni per stabilire quale fosse il 'mio' significato. Oggi l'esatta traduzione non smentisce nulla. Avevo più o meno quindici anni quando l'ho ascoltata per la prima volta.
Supetramp, Breakfast in America. Anno 1979. Capolavoro assoluto dall'aria vagamente gitana.
Mi metteva, mi mette tutt'ora, una strana malinconia.
Una caotica festa di paese, con il luna park, le fette di pane tostato e imburrato, le stoffe a quadrotti, la decadenza tra lo zingaro e il country.
Dice..
Prendi un jumbo attraversa l’Oceano
ti piace visitare l’America?
Vedere le ragazze della California?
spero che diventi vero
ma non posso farci granché
Potremmo avere salmone affumicato a colazione
Mammina cara, Mammina cara
devono averlo in Texas
perché lì sono tutti milionari
Suggestioni in tema per una colazione nutriente, golosa, festosa: pane tostato, imburrato e spalmato con marmellata di albicocche, poi muesli con latte di soia, a me piace rigorosamente freddo di frigorifero.
Non scaccia la malinconia, ma l'energia per affrontarla è assicurata!
Eppure non sono mai andata a fondo, per capire di cosa parlasse esattamente.
Mi bastavano le sensazioni per stabilire quale fosse il 'mio' significato. Oggi l'esatta traduzione non smentisce nulla. Avevo più o meno quindici anni quando l'ho ascoltata per la prima volta.
Supetramp, Breakfast in America. Anno 1979. Capolavoro assoluto dall'aria vagamente gitana.
Mi metteva, mi mette tutt'ora, una strana malinconia.
Una caotica festa di paese, con il luna park, le fette di pane tostato e imburrato, le stoffe a quadrotti, la decadenza tra lo zingaro e il country.
Dice..
ti piace visitare l’America?
Vedere le ragazze della California?
spero che diventi vero
ma non posso farci granché
Potremmo avere salmone affumicato a colazione
Mammina cara, Mammina cara
devono averlo in Texas
perché lì sono tutti milionari
Suggestioni in tema per una colazione nutriente, golosa, festosa: pane tostato, imburrato e spalmato con marmellata di albicocche, poi muesli con latte di soia, a me piace rigorosamente freddo di frigorifero.
Non scaccia la malinconia, ma l'energia per affrontarla è assicurata!
Quando arriva l'estate
C'è un momento preciso in cui senti che arriva l'estate.
Non è legato tanto alla temperatura, alla data o all'essere in vacanza.
E' il momento in cui le finestre aperte fanno entrare il 'fuori' dentro e uscire il 'dentro' fuori dalla nostra casa. Gli odori e i rumori di fondo si mischiano, in una specie di continuità.
Il momento in cui dopo pranzo senti il rumore dei piatti dell'appartamento di sotto, mentre sparecchiano la tavola.
Il momento che ti ricorda quando stavi in cucina mentre la mamma preparava qualcosa di fresco, il carpaccio magari.
Quando, se accendi la televisione, segui anche la pubblicità, perchè ti ricorda di comprare il filetto di tonno o il condimento per l'insalata di riso.
Il momento in cui quello che indossi in casa puoi tranquillamente indossarlo anche fuori, infradito comprese.
Che bello quando arriva l'estate, mi riporta a quando ero piccola, quando finiva la scuola.
Non vedevo l'ora di uscire, subito dopo pranzo, in cortile o, più da ragazzina, all'oratorio.
E la strada era vuota nel caldo, silenziosa, dalle finestre delle case sentivo la sigla di chiusura del telegiornale. Il sole alto, le ombre cortissime.
Il momento in cui inizi a fare i ghiaccioli con gli sciroppi. Li metti nel freezer, alla menta, al succo di limone zuccherato, oppure facendo ghiacciare lo yogurt alle albicocche, il succo di frutta alla pesca, il the al limone fatto con la polverina solubile.
Quest'anno ne facciamo tanti di ghiaccioli, Rickye io. Poi li mangiamo sul terrazzo, con la tenda abbassata che ci ripara dal sole diretto.
Spero che queste sensazioni e queste immagini rimangano vive nella sua mente, come le mie di quei primi giorni d'estate.
Non è legato tanto alla temperatura, alla data o all'essere in vacanza.
E' il momento in cui le finestre aperte fanno entrare il 'fuori' dentro e uscire il 'dentro' fuori dalla nostra casa. Gli odori e i rumori di fondo si mischiano, in una specie di continuità.
Il momento in cui dopo pranzo senti il rumore dei piatti dell'appartamento di sotto, mentre sparecchiano la tavola.
Il momento che ti ricorda quando stavi in cucina mentre la mamma preparava qualcosa di fresco, il carpaccio magari.
Quando, se accendi la televisione, segui anche la pubblicità, perchè ti ricorda di comprare il filetto di tonno o il condimento per l'insalata di riso.
Il momento in cui quello che indossi in casa puoi tranquillamente indossarlo anche fuori, infradito comprese.
Che bello quando arriva l'estate, mi riporta a quando ero piccola, quando finiva la scuola.
Non vedevo l'ora di uscire, subito dopo pranzo, in cortile o, più da ragazzina, all'oratorio.
E la strada era vuota nel caldo, silenziosa, dalle finestre delle case sentivo la sigla di chiusura del telegiornale. Il sole alto, le ombre cortissime.
Il momento in cui inizi a fare i ghiaccioli con gli sciroppi. Li metti nel freezer, alla menta, al succo di limone zuccherato, oppure facendo ghiacciare lo yogurt alle albicocche, il succo di frutta alla pesca, il the al limone fatto con la polverina solubile.
Quest'anno ne facciamo tanti di ghiaccioli, Rickye io. Poi li mangiamo sul terrazzo, con la tenda abbassata che ci ripara dal sole diretto.
Spero che queste sensazioni e queste immagini rimangano vive nella sua mente, come le mie di quei primi giorni d'estate.
Arrivederci, anatroccoli!
Questo è l'ultimo anno di scuola materna di Ricky.
In questi tre anni il gruppo di bambini e genitori della sezione degli anatroccoli (la nostra, unica con bambini della stessa età, quindi un gruppo molto unito) si è legato parecchio. Soprattutto grazie a due gruppi: quello dei papà che prima di Natale hanno costruito con le loro mani il presepe da esporre nell'atrio; e quello delle mamme, che hanno messo in scena la recita di carnevale per i bimbi prima e la replica a offerta libera all'oratorio del paese aperta a tutti dopo (ricavato alla scuola materna, ovviamente).
Gli incontri serali, spesso controvoglia per la stanchezza e il freddo delle stagioni in cui si tenevano, hanno dato modo di creare dei rapporti che sono continuati anche dopo le occasioni istituzionali e continuano in grigliate, cene, qualche volta week end insieme.
Fortunatamente il paese in cui viviamo è piccolo, c'è solo una scuola materna, solo una scuola elementare e solo una scuola media, quindi salvo trasferimenti, i nostri bimbi cresceranno insieme ancora per molti anni. Se non nella stessa classe, nella stessa scuola.
Questo permetterà alle mamme ed ai papà di continuare a vedersi e a frequentarsi. Dal lato pratico, è un vantaggio avere dei rapporti già consolidati con gli altri genitori, in caso di bisogno (assenze, urgenze, imprevisti) si può contare sull'appoggio o sull'aiuto vicendevole. E non è poco.
Per salutare l'estate, non senza un pizzico di malinconia, quest'anno faremo un pic-nic nel parchetto, così da coinvolgere tutte le famiglie nella preparazione di salatini, dolcetti, focaccine etc.
Devo ancora decidere che cosa portare ma opterei per: una torta salata con formaggio, patate e pesto, magari guarnita di pinoli freschi (che fanno bene).
Sicuramente poi le sfogliette arrotolate ai wurstel, che non possono mancare perchè piacciono tanto ai bambini (ma non solo).
Dei mini panzerotti di sfoglia ripieni di diverse farciture: cotto e mozzarella, pomodoro basilico e mozzarella, salsiccia e crescenza. Per distinguerli si possono cospargere con diversi semi: di zucca, di papavero, di sesamo.. oppure con la granella di mandorle.
In questi tre anni il gruppo di bambini e genitori della sezione degli anatroccoli (la nostra, unica con bambini della stessa età, quindi un gruppo molto unito) si è legato parecchio. Soprattutto grazie a due gruppi: quello dei papà che prima di Natale hanno costruito con le loro mani il presepe da esporre nell'atrio; e quello delle mamme, che hanno messo in scena la recita di carnevale per i bimbi prima e la replica a offerta libera all'oratorio del paese aperta a tutti dopo (ricavato alla scuola materna, ovviamente).
Gli incontri serali, spesso controvoglia per la stanchezza e il freddo delle stagioni in cui si tenevano, hanno dato modo di creare dei rapporti che sono continuati anche dopo le occasioni istituzionali e continuano in grigliate, cene, qualche volta week end insieme.
Fortunatamente il paese in cui viviamo è piccolo, c'è solo una scuola materna, solo una scuola elementare e solo una scuola media, quindi salvo trasferimenti, i nostri bimbi cresceranno insieme ancora per molti anni. Se non nella stessa classe, nella stessa scuola.
Questo permetterà alle mamme ed ai papà di continuare a vedersi e a frequentarsi. Dal lato pratico, è un vantaggio avere dei rapporti già consolidati con gli altri genitori, in caso di bisogno (assenze, urgenze, imprevisti) si può contare sull'appoggio o sull'aiuto vicendevole. E non è poco.
Per salutare l'estate, non senza un pizzico di malinconia, quest'anno faremo un pic-nic nel parchetto, così da coinvolgere tutte le famiglie nella preparazione di salatini, dolcetti, focaccine etc.
Devo ancora decidere che cosa portare ma opterei per: una torta salata con formaggio, patate e pesto, magari guarnita di pinoli freschi (che fanno bene).
Sicuramente poi le sfogliette arrotolate ai wurstel, che non possono mancare perchè piacciono tanto ai bambini (ma non solo).
Dei mini panzerotti di sfoglia ripieni di diverse farciture: cotto e mozzarella, pomodoro basilico e mozzarella, salsiccia e crescenza. Per distinguerli si possono cospargere con diversi semi: di zucca, di papavero, di sesamo.. oppure con la granella di mandorle.
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