I social network li hanno inventati per (s)coprire le carte?
Oggi i grandi amici Tizio e Caio possono rivelarsi acerrimi nemici, basta fare attenzione a cosa scrivono (non necessariamente l'uno dell'altro) sui vari profili Facebook, Twitter, etc.
I social network sono di fatto delle versioni digitali del vecchio 'mandare a dire'.
Capita spesso che le persone che postano una propria foto o un proprio pensiero (dove con l'atto di postare ci si mette praticamente alla finestra sul mondo intero, con possibilità di essere contemporaneamente visti in Giappone e in Equador entro due minuti netti) sembrano farlo con l'unica aspettativa di misurare la propria avvenenza e popolarità.
La storia della condivisione va a farsi benedire, diventa una copertura.
Se disgraziatamente un amico (si, perchè l'amicizia la diamo noi, coscientemente) esprime una sua opinione non perfettamente allineata all'aspettativa di chi posta, le reazioni possono essere catastrofiche.
Diatribe pubbliche, eliminazione annunciata dalla lista degli amici, rivendicazioni della proprietà legittima della bacheca, chi più ne ha più ne metta.
Ci sono poi i rapporti che è risaputo si basano su equilibri delicatissimi. Spesso questi rapporti si riconoscono dai post che esaltano i livelli di confidenza (che nella realtà non esiste) tipo chi specifica il grado di vicinanza con termini quali 'amico mio' o che prima di fare nomi e cognomi condisce con titoli quali 'splendida persona' oppure posta frasi del tipo 'è sempre bello passare pomeriggi con persone come te, Tizio'.
Non c'è niente di male, ma perchè condividere una cosa del genere, se non si ha altro da aggiungere?
Effettivamente è facile tradurre in 'Tizio, guarda come parlo bene di te al mondo, quindi non arrabbiarti se non ti invito mai alle cene con gli altri amici, hai un pessimo carattere e non ti vuole nessuno, lo sanno tutti che non posso essere sincero con te, mi toglieresti l'amicizia'.
Insomma diciamolo, i social network rivelano clamorosamente le code di paglia di ognuno di noi.
Con questo non dichiaro guerra alle piazze virtuali. Sono utilissime per mantenere un filo sottile con persone che vivono lontano (e che quando vuoi vedere o sentire comunque incontri nella realtà, o chiami al telefono) rimanere aggiornati su diversi aspetti: dall'evolversi dell'influenza alla crescita della pancia di una futura mamma, dai vari stadi della preparazione di un oggetto fatto a mano alla fioritura delle piante sul terrazzo piantate magari insieme mesi prima.
Però c'è un però. Facebook sarebbe deserto se si parlasse esclusivamente di fiori e di pance.
E' dunque definibile la doppia funzione dei social network: dire ciò che si pensa (o ciò che si vuole far credere agli altri che si pensa) e sbirciare nei rapporti altrui ridendo sotto i baffi quando si leggono stupidaggini clamorose.
Tipo la bruttina che mette una sua foto in cui si vede (e menomale) particolarmente ben ritratta e qualcuno commenta con un fuoriluogo 'sei uno splendore' (per non usare termini più coloriti).
I post che, fossi la censura di Facebook, eliminerei all'istante?
Quelli in cui la gente, nel tentativo forse di apparire più nobile/coraggiosa, condivide foto truci di bambini maltrattati, animali incidentati, donne picchiate, etc. Il tutto dietro l'ipocrisia della sensibilizzazione. Palle. E' banalissimo cattivo gusto.
I post più odiosi? Le citazioni altrui.
Una ogni tanto perchè la leggiamo su un libro o sulla Bibbia o chissà dove e vogliamo condividerla va bene. Ma iniziamo a dire cose nostre, tanto per cambiare, che ci si sviluppa il cervello.
I post che adoro?
Quelli in cui la gente si prende in giro. Quando si fa una figura tremenda e invece che ringraziare il cielo che ci hanno visti in due, lo si racconta a tutti. Mi piacciono perchè chi ride di se mi strappa sempre un sorriso, e in fondo (magari non sapendolo) facilita le cose agli altri.
Infatti nessuno di noi è perfetto.
Ma questi luoghi virtuali invitano alla faziosità, sono l'unica che si è chiesta perchè non esiste il pulsante 'non mi piace'?
Meditare, please.
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